SCARICA PDF – GRAVIDANZA e FLUOROPROFILASSI
L’impiego del fluoro quale agente cariostatico ha radici lontane nel tempo. Fu Dean nel 1942 a mettere in evidenza come l’assunzione di fluoro in fase pre-eruttiva dava origine ad uno smalto con struttura più resistente agli acidi se confrontato con smalto che ne era privo. Da allora gli studi che si sono occupati dell’argomento sono stati innumerevoli, molti volti a dimostrate l’indubbia efficacia dell’elemento nella prevenzione della carie, ma molti altri a cercare di ridimensionare tali benefici o addirittura a sconsigliarne l’uso per non incorrere nella fluorosi, quella anomalia di sviluppo dello smalto conseguente a sovradosaggio cronico dell’elemento.
L’impiego del fluoro da parte del personale sanitario non è infatti sempre accompagnato da un’adeguata conoscenza delle sue caratteristiche e, soprattutto, delle sue modalità di azione sia a livello dentale che generale. È la mancanza di tali informazioni che ha portato e porta tutt’oggi a infinite divergenze di opinione.
Il fluoro aiuta nella prevenzione della carie dentaria perché, quando è assunto nella fase di formazione della struttura minerale dello smalto, rimpiazza gli ioni idrogeno con ioni fluoro, formando al posto dell’ idrossiapatite, normale costituente dello smalto dei denti, la fluoroapatite, sostanza più resistente all’attacco acido demineralizzante della placca batterica. l fluoruri giunti al tessuto per via sistemica possono depositarsi negli strati più profondi dello smalto in via di formazione dando origine alla costituzione di cristalli di fluorapatite.
In fasi più avanzate dell’odontogenesi, quando la corona è ormai completamente formata, il fluoro può legarsi agli strati più superficiali del tessuto (nei primi 100 nm),contribuendo a rinforzarlo.
Infine, dopo l’eruzione, se l’elemento è presente nel cavo orale a concentrazioni sufficientemente elevate, questo si può fissare sulla superficie dello smalto, specie in presenza di tessuto demineralizzato, concorrendo alla remineralizzazione di lesioni cariose in fase iniziale.
Il fluoro in gravidanza
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha accertato l’importanza di una corretta integrazione del fluoro durante la gravidanza a partire dal quarto mese, ossia da quando nel feto comincia a formarsi la gemma dentale, per rendere più forti e sani sia i denti da latte che i denti permanenti del bambino. Inoltre se la mamma ha assunto la giusta percentuale di fluoro nel corso della gestazione, nei primi tempi è consigliato non somministrare al neonato integratori a base di fluoro fino almeno al sesto mese. Il fluoro si può assumere dalla gravidanza fino a 6 anni, mediante compresse reperibili in farmacia. Si determina così una riduzione dell’incidenza della carie dell’ 80%. L’integrazione deve essere iniziata nel quarto mese di gravidanza, a partire da quando inizia nel dente embrionale la formazione dell’organo dello smalto e della dentina. Per questo l’efficacia del fluoro è massima durante la formazione di scheletro e denti, mentre diminuisce in età adulta.
Le compresse sono disponibili in dosaggi da 0.25 e da 1 milligrammo. Esse vanno prese con le seguenti modalità: durante la gravidanza e l’allattamento al seno, 1 mg al giorno alla madre, dallo svezzamento in poi il bambino dovrà assumere 0,05 mg di fluoro al giorno per ogni chilo di peso corporeo.
La tendenza dei ginecologi è quella di consigliare la fluoroprofilassi fino al termine della gravidanza, assumendo la compressa di fluoro alla sera, dopo l’igiene orale, tenendola in bocca e lasciandola sciogliere lentamente e senza risciacquare, ottenendo in tal modo risultati migliori. La sospensione comporta la riduzione dei benefici della fluoroprofilassi, che va quindi effettuata in modo continuo durante tutta l’età evolutiva. Inoltre è riconosciuto e provato che quanto più precoce è l’inizio della somministrazione di fluoro tanto maggiori sono i risultati preventivi ottenuti a livello orale ed osseo.
Unico neo nel panorama preventivo rimaneva, fino a pochi anni fa, la possibilità di fluorosi a livello dentale, cioè della decolorazione dello smalto. Quest’ ipotesi, ha così determinato l’allontanamento di parte della classe medica dalla somministrazione di fluoro durante la gravidanza. Inoltre una forte campagna di disinformazione ha, in tempi recenti, avversato l’uso del fluoro per la prevenzione della carie dentaria. La messa al bando a opera del ministro della Sanità belga, qualche mese fa, degli integratori a base di fluoro ha riproposto la questione sulla fluoroprofilassi. Gli integratori sono stati rimessi in vendita dopo poco tempo, ma i dubbi sollevati hanno faticato a trovare una risposta. Proprio per questo i maggiori esperti italiani del settore hanno attentamente valutato la situazione, comunicando le conclusioni in un incontro che si è tenuto a Milano e negando il rischio di intossicazione. In questo incontro è stata ribadita l’importanza della profilassi anti-carie in quanto è dimostrato che per raggiungere una dose letale bisognerebbe assumerne ben 5 grammi, che significa una quantità da 5.000 a 20.000 superiore a quella impiegata quotidianamente a fini preventivi.
“La fluoroprofilassi incide sulla formazioni di carie almeno per il 50-60% – ha spiegato Laura Strohmenger, docente dell’Università di Milano, in un congresso sul tema della fluoroprofilassi tenutosi nel 2003 – Dall’83 al ’98 si è registrato in Italia un calo rilevante del Dmft (Decayed Missing Filled Tooth), l’indice medio di patologia, passato dal 6,7 al 1,8 – 2. Solo la Svizzera e i Paesi Scandinavi superano l’Italia con un indice dello 0,5 – 0,7 perché hanno un servizio pubblico di odontoiatria preventiva”.
Tutto sta dunque nella profilassi e in un’assunzione tempestiva, che parta con la madre dalla 18ma settimana di gestazione e poi per tutto l’allattamento, proseguendo nei bambini almeno fino ai 5-6 anni, con un dosaggio progressivamente più elevato. L’OMS ha già fissato gli obiettivi da raggiungere nel 2010 grazie ad una fluoroprofilassi precoce: il 90 per cento di esenti da carie a 5-6 anni e un DMFT uguale o inferiore ad 1. Il vantaggio di una corretta assunzione di fluoro trae giustificazione non da condizioni sperimentali, ma dall’osservazione naturale: la popolazione residente in zone in cui é presente una acqua ricca di ioni fluoro presenta una bassissima incidenza di carie dovuta ad uno smalto particolarmente resistente all’attacco acido dei batteri della placca. I vantaggi della fluoroprofilassi, peraltro, non si limitano alla dentatura. Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che l’esposizione al fluoro determina un vantaggio anche per la formazione dello scheletro: il fluoro, infatti, sarebbe in grado di aumentare la densità ossea a livello femorale e della colonna vertebrale di circa il tre per cento nei soggetti esposti continuativamente alla molecola.
Non è corretto, pertanto, rinunciare alla fluoroprofilassi precoce, ma può essere saggio valutare la giusta dose da misurare in relazione alla quantità di ioni fluoro assunta con l’alimentazione e in particolare con l’acqua. Da recenti studi è emerso che il fenomeno della fluorosi conseguente ad un’assunzione di integratori durante la gravidanza è in realtà presente solo nel 6% della popolazione soggetta a somministrazione sistemica e che esso sia essenzialmente dovuto ad un uso scorretto di dentifrici e colluttori al fluoro, o ad errori di prescrizione del medico curante. ”Questi rischi si hanno solo con dosaggi elevati e continui nel tempo (superiori a 4-5 mg/l) – chiarisce Francesco Tancredi, presidente della Società Italiana di Pediatria -, come negli Stati Uniti, dove si ha la fluorurazione delle acque. In Italia non si possono verificare casi del genere, né si sono mai verificati”. Nel nostro Paese non si ha, infatti, la cosiddetta fluorurazione degli acquedotti (molto costosa peraltro) e le quantità di fluoro presenti nelle pastiglie o nei dentifrici sono molto più basse.
Una situazione diversa si presenta invece negli Stati Uniti, da dove giungono i principali allarmi su questa problematica, più che altro estetica. Negli Usa la fluoroprofilassi è eseguita con la supplementazione di fluoro negli acquedotti, rendendo così più complessa la gestione dei dosaggi. In ogni modo l’invito che proviene dai pediatri, ginecologi, odontoiatri e farmacologi è quello di consigliare alle famiglie una fluoroprofilassi il più tempestiva possibile. L’importante è, infatti, che la fluoroprofilassi sia correttamente dosata considerando anche la percentuale di fluoro presente normalmente nel dentifricio e nell’acqua di cui si fa uso (ricordiamo a tal proposito che in commercio abbiamo sia acque minerali con un’elevata concentrazione di fluoro che va ad aggiungersi alla normale razione assunta abitualmente sotto forma di integratore, sia acque che non ne contengono affatto).
Perché, dunque, la fluoroprofilassi precoce?
La necessità di un intervento preventivo precoce è evidente analizzando i risultati ottenuti in 40 anni di fluoroprofilassi. Nessuno studio ha evidenziato che la fluoroprofilassi precoce sia inutile. Al contrario, molte ricerche effettuate in Europa e oltreoceano mostrano che esiste una reale capacità dello ione fluoruro di oltrepassare la barriera placentare e distribuirsi a livello fetale, intervenendo nei processi di formazione tessutale dentale. La letteratura ha chiaramente evidenziato che la barriera placentare consente la diffusione di fluoro per via ematica da madre a feto in concentrazioni ematiche di fluoro fino a 0,25 mg /l. Oltre tali concentrazioni essa funziona da filtro attivo e respinge al mittente quantità superiori. Non tutto il fluoro che la futura mamma assume, perciò, arriva al feto. Un’ ampia serie di studi dimostra che su 1 mg di fluoro somministrato alla mamma, quello che arriva al feto è circa un quarto:
0,25 mg attraversano la placenta
0,25 mg si depositano nelle ossa della madre
0,50 mg vengono eliminati dall’organismo materno per escrezione renale, azzerando qualsiasi rischio di sovradosaggio.
Di conseguenza, il nascituro assume una dose sovrapponibile a quella che comincerà ad assumere dopo le due settimane di età. È dimostrato che la somministrazione di 1 mg di fluoro alla mamma, grazie al filtro placentare, non è assolutamente in grado di determinare una fluorosi; al contrario, molti studi hanno documentato che i bambini nati da madri che hanno effettuato la fluoroprofilassi in gravidanza hanno sia i denti decidui che i permanenti più sani di quelli nati da madri che non hanno assunto il fluoro. Lo studio ha preso in considerazione un gruppo di donne incinta che, durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza, ha assunto supplementi di fluoruro di sodio in forma di tavolette insieme all’acqua. I risultati hanno dimostrato che il 97% della prole di queste donne non aveva assolutamente alcuna carie per i primi dieci di vita. I bambini, inoltre, non hanno avuto visite mediche a causa di effetti collaterali causati dal trattamento prenatale.
Per quanto riguarda la realtà italiana, un’esperienza condotta in Friuli indica che il 95 per cento delle donne arriva al parto avendo assunto fluoro in gravidanza. In effetti, la donna gravida è molto più attenta alla propria salute proprio in funzione della salute del bambino, oltre ad avere una percezione maggiore del beneficio che può garantire al proprio figlio attraverso una corretta igiene orale. Una mamma con gengive e denti sani trasmette una maggior protezione anche al suo bambino. E’ molto importante, infatti, sottolineare che la concentrazione di popolazioni batteriche (in primo luogo lo Streptococcus mutans e Sobrinus) responsabili della patogenesi della carie dentale nella saliva del bambino è direttamente proporzionale alla concentrazione di tali popolazioni nella saliva materna e che la tendenza ad ammalarsi di carie nel bambino, perciò, è tanto più grave e precoce quanto peggiore è lo stato di salute dentale della mamma.
L’obiettivo di tutte le manovre di prevenzione non sarà quindi il solo bambino ma, in primo luogo, la madre. Infatti è sanando le patologie dentali della mamma (prima e durante la gravidanza) che si realizza la prima e più importante manovra di prevenzione a favore del bambino. E’ necessario a tal proposito prescrivere l’uso di dentifrici fluorati, almeno due volte al giorno nel corso delle procedure quotidiane di igiene orale. Inoltre è stato evidenziato che nel corso delle manovre di igiene orale si ingerisce quasi il 30 % del contenuto di fluoro presente nella porzione di dentifricio posto sullo spazzolino. Tale quantitativo, assorbito nel corso della digestione, passa nel circolo sistemico e aumenta la concentrazione di fluoro ematico già presente. Non è necessario perciò somministrare fluoro ad uso sistemico alla madre. Più in ritardo avviene l’ infezione del cavo orale ad opera della placca cariogena, Streptococcus mutans in testa, tanto minore e meno grave sarà il rischio di patologie cariose, in termini di età di insorgenza e di quantità di lesioni. E’ opportuno, inoltre, monitorare la qualità della dieta della mamma, consigliando per quanto possibile una limitata assunzione di alimenti a base di carboidrati, sia come quantitativo che come frequenza.